E quasi sera e giro la chiave di casa.
Sono di ritorno da un mercato
dove ho aiutato il mio compagno col suo meraviglioso ristorante nomade..
di ritorno da mille
persone incrociate in due ore e mille esperienze scambiate e nate lì, tra
quelle bancarelle di luglio…
Il senegalese con la “h”aspirata
che mi chiama, non gli interessa vendere collanine e batik, mi fa sedere sull’aiuola
con lui, mi racconta della sua vita a Firenze, poi a Parma e dei suoi mercatini
a Vicenza… mi dice che i miei capelli sono l’unica cosa dell’Italia che mi è
rimasta…può essere…
Il passo dopo… Il
chitarrista di Gerusalemme che studia informatica per inerzia… mi guarda e si
lascia cullare nei sogni che porta nel petto, mangia qualcosa con me e mi
racconta dei pezzi che scrive mentre è in pausa studio…dice che con la musica
non andrà da nessuna parte, ha paura di fallire, vorrebbe rivedermi e ridere di
nuovo, gli dico che se avrà il coraggio di essere famoso, allora sarò io a
ricontattarlo…perché lo rivedrò in grande…
Poi la mamma polacca con
una bimba in vacanza dalla nonna italiana si sistema il costume e mi mostra la
bimba più piccola nel passeggino che mi guarda e mi parla in spagnolo… un padre
spagnolo, mi dice lei, ancora peggiore di quello italiano di prima… sorride e
c’è solo spensieratezza tra i suoi capelli, quelli di una donna che per due ore
di vita si concede l’ombra di un tiglio lungo il fiume e io non vedo altro che
i suoi occhi azzurri estranei ai suoi problemi…
Poi ancora gli italiani
in cerca di fortuna che preparano i panzerotti pugliesi, ma loro in realtà sono
romani, in realtà sono appena stati derubati, ma sorridono e a fine mercato caricano
in un carrello della spesa le loro speranze, un sacco di panzerotti non
venduti, la vetrina del banco, l’amarezza di un giorno a vuoto, il carrello è
troppo piccolo eppure c’è posto per la pace di condividere una bottiglia
d’acqua fresca con me, seduti per terra.
Mi chiedo come posso
ritornare al mio paese natale dopo aver visto tutto questo…
Questa città mi ruba il
cuore ed io mi sento a casa mia tra ospiti del mondo, gente che mi cerca, si
siede, mi racconta di sé come se avesse capito che niente è più importante…
Io amo questi incontri di
vite che mi sfiorano, che non hanno niente da pretendere e niente da nascondere.
Tutti si lasciano scivolare in una conversazione sincera, sfacciata, come fosse
l’ultima della loro vita, liberi, desiderosi di farsi leggere il cuore da chi li vedrà una volta sola nella vita, riassumendo in due ore e senza sprecare tempo, il peso dei loro sogni.
Alice Manzan
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